Provenienti da S. Maria della Sportella nei pressi della contrada Vidoni, una frazione a nord-ovest di Amandola, i Cappuccini si stabilirono nell’arca edificabile alla sommità del colle Marrubhione nel 1623. La presenza dell’Ordine nel territorio risale però fin dal 1540 come si rileva da una delibera comunale che sanciva “…. si dovessero accogliere onorevolmente, e loro (i frati, ndr.) si desse ospitalità …”. Infatti la concessione da parte del Comune alla Congregazione dei Cappuccini prevedeva inizialmente l’occupazione di una chiesetta preesistente sin dal 1460 sull’altura del Marrubhione, uno dei tre colli del Comune, di cui le monache benedettine avevano il beneficio ecclesiastico. Ma già due anni dopo si poneva mano ai lavori di ampliamento dell’edificio con la costruzione del convento e della chiesa; i lavori di sistemazione, nonostante l’ampio contributo di singoli cittadini con lasciti ed elargizioni, doveva ancora completarsi nel 1632. L’ingresso al tempio è preceduto da una scalinata che conduce all’ampio portico a quattro campate, il prospetto è a semplice “capanna” con interno a navata unica ed abside piatta. La numerosa quadreria di cui era dotato il convento venne dispersa durante il periodo napoleonico, quando si procedette alla spoliazione di opere d’arte che fortunatamente non vennero esportate all’estero ma finirono in città del nord (Peschiera Borromeo – Milano). Fra queste, la tela firmata da Pietro Berrettini da Cortona (1597-1669) raffigurante la Madonna col Bambino fra i Ss. Giovanni Battista, Felice da Cantalice, Andrea e Caterina. Il dipinto era presente in un inventario dei frati del 1728 ma nel 1811 costituiva già la collezione d’opere d’arte della Galleria di Brera a Milano. Un’ipotesi affacciata da Briganti (1962) circa una primitiva collocazione del quadro presso la chiesa di S. Maria della Concezione di Roma, poi sostituita da un’altra opera del medesimo artista per cui veniva destinata ad un convento “periferico” dell’Ordine, si scontra con quella che indica il convento amandolese come il destinatario ultimo della tela intorno all’anno 1629 (A. Lo Bianco, 1997). Completano l’arredamento altre due pale d’altare fra cui una Vergine col Bambino fra i SS. Francesco e Maria Maddalena ed una Madonna col Bambino fra S. Giuseppe, S. Anna e un altro santo (Giovanni Battista?). Nello stesso anno, 1810, il governo napoleonico procedeva alla chiusura al culto del convento, ma cinque anni dopo non solo l’edificio veniva riaperto ai fedeli, ma ingrandito con ulteriori lavori di ampliamento eseguiti nella seconda metà delll’ottocento. Nel 1866 si assiste alla definitiva chiusura con la vendita alla Congregazione della Carità e quindi a privati. Nel 1890, in seguito ad una convenzione fra i proprietari ed i frati, questi ultimi ritornano definitivamente in possesso del convento.
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