Contrapposto all’altra abbazia di S. Ruffino e Vitale, collocata a valle, questo monastro, dedicato originariamente a S. Maria e S. Anastasio, è situato ai piedi del Monte Amandola a circa 510 mt. Sul livello del mare fra due fossi che successivamente si infittiscono a formare il torrente Lera. Appartenente al Ministero di Monte Calvelli, le prime testimonianze risalgono al 1044; fra l’altro questa badia non è menzionata nell’atto di enfiteusi a terza generazione fra il mille Mainardo, proprietario di vasti territori nella montagna ed il vescovo di Fermo, Gaidolfo, nel 97. Venne eretta da abati appartenenti alla famiglia nobiliare nei conti Adalberti di Amandola e poi, dalla metà del ‘400, “clara in Commenda” con progressiva ripartizione dei possedimenti e in rovina già dalla metà del ‘500. La planimetria originaria della chiesa prevedeva un’unica navata con presbiterio rialzato, un’abside e la sottostante cripta, sorretta da un pilastro centrale a sostegno della volta a botte, a cui si accede mediante due passaggi laterali; una scalinata centrale collega il piatto della nave col presbiterio. Sul lato destro della navata si aprivano delle cappelle i cui archetti ancora sono visibili sulla parete di attacco del corpo centrale. Il transetto si estendeva lungo il lato di sud ovest, racchiuso da tre parti (attualmente è visibile solo il corpo di collegamento fra le alte ali e parte dell’ala destra). Della primitiva torre campanaria, contrapposta all’edificio conventuale, rimane un esile campanile “a vela” fra il corpo nella chiesa e la sacrestia. Già nel 1295 vennero indette indulgenze per la ricostruzione del convento, i cui lavori proseguirono sino agli inizi del XV secolo; successivi rimaneggiamenti si effettuarono nel XVIII sec, forse in relazione all’instabilità del complesso dopo i terribili terremoti del 1703, del 1741 e del 1771. L ‘attuale chiesa è costituita invece da quello che in origine era il presbiterio e l’ingresso, soprelevato forse nel 1800, come riportato in un mattone nella facciata: esso è quindi eccezionalmente rialzato e si apre direttamente nell’abside con conseguente capovolgimento dell’asse primitivo della chiesa. Nell’interno, una tela raffigurante la Madonna con Bambino fra i Ss. Vincenzo ed Anastasio, di Domenico Malpiedi, venne trafugata nel 1983, mentre il Cristo ligneo Trionfante posto sull’altare dedicato a S. Antonio abate è ora nella chiesa di S. Francesco.
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