Il Mulino, conosciuto come Zecca di Sisto V, è situato nella media Valle dell’Aso. L’edificio risale presumibilmente al XIV secolo, secondo quanto emerso dall’esame dell’Archivio Storico Comunale, della manifattura e dell’estetica del fabbricato. Il mulino, in pietra non squadrata, è disposto su tre livelli: il primo, ad univo vano, con volta a sesto acuto, destinato alla macinazione, come testimoniano le macine tuttora esistenti; il secondo, oggi in pessimo stato di conservazione; il terzo, anticamente destinato al cammino di ronda, poi coperto, forse nel XVII secolo. Elemento distintivo della struttura è la merlatura che rendeva il mulino fortificato, coronando il parapetto del cammino di ronda. Sopra l’ingresso del mulino, uno stemma scolpito in pietra arenaria presenta due coppie di chiavi decussate e cinque monti sovrastati da una palma a cinque rami. Sul campo, da cui emerge in rilievo lo stemma, si legge la data 1525: lo stemma è riferibile al periodo del Pontificato di Clemente VII (Giulio de’ Medici). L’impropria denominazione di Zecca di Sisto V nasce da un equivoco dovuto alla tradizione orale: la struttura, destinata alla macinazione dei cereali, fu di fatto gestita dal futuro Papa Sisto V, ma non per stabilirvi l’impianto della Zecca, fondata nel 1587 dallo stesso Papa nei locali del vecchio incasato di Montalto. Nel 1797, sotto il pontificato di Pio VI, lo Stato della Chiesa ebbe la necessità di creare nuove piccole officine monetarie; la possibilità di applicare la forza dell’acqua a dispositivi per il conio delle monete portò verosimilmente a installare la seconda Zecca di Montalto nel mulino della Valdaso. La Zecca di Pio VI fu poi smantellata poco dopo, mentre l’edificio rimase attivo come mulino: tuttavia la tradizione orale sintetizzò le espressioni “Mulino di Sisto V” e “Zecca di Pio VI” in “Zecca di Sisto V”, e tuttora il mulino, oggi in fase di restauro e recupero funzionale ad opera del Comune, è conosciuto e indicato proprio con questo nome.
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