Castignano ha il gran vanto di aver dato alla storia italiana il più remoto alfabeto italico fino a questo momento ritrovato. Esso è contenuto nella famosa “Stele di Castignano” rinvenuta in località Montecalvo nel 1890 è un masso di tufo che attualmente si trova nel museo Archeologico di Ascoli Piceno. E’ una stele funeraria che ha la forma di un cippo rozzamente piramidale tronco, a quattro facce, alta 1,36, larga alla base m. 0,30 ed alla sommità m. 0,15 ed ha uno spessore di m. 0,22. Gli studiosi la fanno risalire al VI-VII secolo avanti Cristo. L’iscrizione è bustrofedica: si legge alternativamente da destra a sinistra, da sinistra a destra. Le lettere sono allineate in modo irregolare con un andamento a serpentiforme, simile al percorso che segue l’aratro tirato dai buoi. Le parole, che sono iscritte con il parziale rovesciamento delle lettere nel rigo di ritorno, sono disposte una di seguito all’altra e sono separate mediante l’uso dei segni di interpunzione, in altre parole da 3 punti verticali. L’alfabeto sembra derivare da una tradizione greco-arcaica o greco-mediterranea con provenienza dall’area egeo-anatolica. A quanto se ne sa, esso sarebbe giunto fino a noi tramite la mediazione apula che lo avrebbe preso dall’isola di Corcyra, ovvero alcuni segni che farebbero pensare ad una lontana parentela etrusca rintracciabile nell’Egeo e quindi mediterranea è certamente il più antico usato dalle genti italiche di cui si abbia memoria. Gli studiosi però non hanno ancora definito se esso deve considerarsi uno tra i primi attestatisi nella penisola con l’arrivo delle genti italiche o se, invece, debba essere considerato residuo di una scrittura ancora più arcaica. Questo mistero è reso ancora più affascinante dal fatto che l’iscrizione di Castignano – in parte simile a quelle vicine di Cupra, Bellante, Neretto e Scalelle – manifesta un testo in parte indoeuropeo contenente, però, elementi di un linguaggio pre – indoeuropeo. Non ci sono dubbi sulla funzione funebre della stele: questa pietra serviva con ogni probabilità a segnalare l’esistenza di una tomba. In molte necropoli era uso mettere agli angoli delle sepolture delle pietre grezze di diverse dimensioni. Ci sono diverse interpretazioni sulla traduzione; secondo Luigina Lelli potrebbe essere la seguente “Questa difesa innalzarono gli Appaei ai loro mani (o con le proprie mani) se qualcuno osa profanare questo luogo del padre e della madre, commette sacrilegio”. Secondo Alighiero Massimi “Poponum principe degli Apaios fu ucciso…….La madre, il padre stordito e con l’animo affranto, e i nobili lo tumularono”. Per Marcello Gaspari“La bella opera è innalzata in onore dei genitori per i quali gli appei dei pupun costruirono con le loro mani (oppure in onore dei loro mani) la tomba.”
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