Sorge su una piana a m. 1159 di altitudine. Isolata entro una corolla, i boschi e di monti, costituisce una meta di gran suggestione. La posizione solitaria a una notevole altitudine e la mancanza di collegamenti stradali di rilievo può trarre in inganno circa il ruolo e il significato di una tale costruzione, ed è dunque necessario evidenziare la presenza di una rigogliosa fonte di acqua sorgiva da cui trae origine il caratteristico toponimo “in Pantano”. Di fatto, la chiesa di S. Maria in Pantano individua uno dei valichi storici transappenninici del territorio piceno, e costituiva dunque una meta privilegiata e un punto di riferimento obbligato per pellegrini, semplici viandanti, braccianti, pastori e mercanti. Nulla conosciamo di certo sulle sue origini. La notizia circa la fondazione di S. Maria in Pantano per opera del vescovo ascolano Audere o Auclere (745-780) non è suffragata né dalla documentazione né dalla tradizione storiografica. Il Capponi (1898) che per primo l’ha avanzata non porta, infatti, alcun elemento a sostegno delle sue convinzioni. La più antica attestazione di S. Maria in Pantano resta dunque la conferma della giurisdizione sulla “granciam de Pantano” presente nel diploma concesso da Federico II nel 1223 a Margherita badessa del monastero ascolano dei SS. Matteo e Antonio di Campo Parignano. Vista l’unicità del toponimo nel territorio di Ascoli e nelle zone limitrofe, la grangia di Pantano può essere riferita al luogo in esame. S. Maria in Pantano, sarebbe così parte integrante di una realtà insediativa tipica del movimento cistercense. La grangia è infatti un’azienda agraria che si colloca in un territorio divenendone un caposaldo economico e organizzativo, e costituisce l’unità tipica del processo di espansione dei Cistercensi. Ancora ai principi del secolo erano osservabili i ruderi dei fabbricati che completavano la chiesa superstite nel costituire un tale prezioso ruolo di riferimento.
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