La Chiesa di San Michele Arcangelo si trova nella frazione di Casto a Montegallo. Sicuramente già al principio del sec. XV esisteva la chiesa parrocchiale di S. Angelo (S. Michele Arcangelo), poi ricostruita e riconfigurata per assumere infine l’aspetto attuale. L’intitolazione all’Arcangelo guerriero già protettore dei Longobardi, costituisce un elemento di forte interesse, ricollegabile ad un radicato tessuto di credenze popolare, in cui la vivida figura del milite di Dio acquisiva un particolare vigore non privo di arcane risonanze. La chiesa si porge all’attenzione con il suo fianco sinistro aperto da due portali il maggiore dei quali sfoggia un’inconsueta eleganza di forme. Caratterizzato da una luce a modanature digradanti, presenta una trabeazione iscritta coronata da una cimasa e sormontata da una lunetta. La cimasa si coniuge alla cornice a gola che contorna ed esalta la lunetta stessa. Un globo conclude al culmine l’insieme. Sull’architrave si legge la data 1556. L’epigrafe della trabeazione, peraltro consunta dal tempo, si presenta con una maiuscola corsiva di non facile decifrazione. A giudicare dalle parole iniziali: T(em)P(or)E D(omi)NI…… doveva riportare le indicazioni relative alla commissione dell’opera. La mostra della lunetta accoglie infine un affresco raffigurante la Pietà con il Cristo disteso sulle ginocchia di Maria. Va ricordato che la chiesa custodiva una scultura in legno dipinto di arte locale databile alla fine del sec. XV con il medesimo soggetto rappresentato in modi e forme in tutto analoghi. L’opera è oggi custodita nel Museo Diocesano di Ascoli Piceno. Il patetismo e la linearità compositiva di evidente accento ispirato a devozione mutuati dall’opera lignea a sua volta esemplata sulla tradizione del vicino Abruzzo, contrastano in modo suggestivo con la rinascimentale compostezza del portale. Analogo contrasto è messo in atto dall’epigrafe, che esibisce un’impaginazione e una resa dei caratteri alquanto prive di rigore in luogo delle maiuscole lapidari di classica evidenza che caratterizzano i portali ascolani dell’epoca. L’appartenenza dallo schema del portale ad una tipologia assi diffusa proprio nell’edilizia civile del Cinquecento ascolano, suggerisce d’altro canto che il portale di Castro sia dovuto alle maestranze lombarde allora assai attive nella città, e che si stingevano proprio nella realizzazione in serie di portali, cornici e finestre di sapiente calibratura formale. L’epigrafe e l’affresco rivelano invece l’impronta di un gusto locale, libero da convenzioni e da norme stilistiche. Sul fianco destro, all’angolo con la facciata, va rilevata una meridiana frammentata di re-impiego. Sulla parete destra dell’aula si osserva un Crocifisso in legno intagliata e dipinto databile al sec. XVI. E’ notevole per l’articolazione accurata della posa e per il trattamento sommario del costato, reso con rigide linee parallele. Suscita effetto grazie al realismo dell’espressione (la testa reclina, gli occhi serrati, la bocca socchiusa) che si unisce alla vivida linearità dei tratti fisionomici. Sulla parte sinistra, dietro la statua devozionale di S. Michele spicca una grande pala con la Madonna del Rosario; S. Francesco e S. Chiara contornati dalla rappresentazione di 15 episodi della vita di Gesù. Sotto al riquadro centrale si osserva l’iscrizione: VOS MARIA P(e)R(hi)BETE/ROSAS DE CORDE /PUDICO/ILLA EX/EMPIRIO POMA/ BEATA DABIT /ANNO DOMINI 1613 (Offrite rose a Maria con animo puro: Ella dall’Empireo darà frutti beati Nell’anno del Signore 1613). Inquadrata la composizione una fastosa cornice con inserti di legno intagliato e dorato. Il trattamento delle figure, immediato ed elementare, ha la lividezza e la spontaneità degli ex voto, e si propone al tempo stesso in un contesto di evidenza e monumentalità. Particolare gustoso il riquadro della Presentazione al Tempio, con il sacerdote in cesti cardinalizie e l’altare decorato sul fronte da una croce.All’altare maggiore spicca un’imponente pala raffigurante la Madonna in gloria con il Bambino tra S: Michele Arcangelo, S. Pietro e il Beato Marco da Fonditore : Di un certo interesse iconografico per l’inserimento dell’arcangelo e del Beato locale, il dipinto propone una notevole scansione di piani e una costruzione abbastanza persuasiva. Nonostante talune rigidezze, nonostante l’ingombro della figura del Beato Marco, non ben correlato ai due fluttuanti, deliziosi angeli rappresentati in primo piano, nonostante la scarsa attenzione al rapporto tra luce e blocchi di figure, la pala dimostra sicure doti espressive non prive di compiacimento, proponendosi con effetti di gradevole arditezza. Sarà di sicuro interesse uno studio approfondito su questa composizione, che potrà senz’altro riconoscere dei rapporti con la pittura ascolana tra ‘600 e ‘700, dove gli apparati compositivi della scuola romana schiettamente riecheggiati nella pala in esame, furono re – interpretati dall’opera di Ludovico Trasi (1634-1695) e di Tommaso Nardini (1658-1718). Notevolmente mediocre sulla parete destra dell’aula, la pala seicentesca, che correda l’altare dedicato a S. Sebastiano.
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