Cossignano, detto l’ombelico del Piceno per la sua posizione, sorge a 400 metri s.l.m e occupa l’area collinare della dorsale fra le sorgenti del torrente Menocchia e del fiume Tesino. Reperti archeologici attestano che Cossignano era un fiorente centro di civiltà picena, che poté mantenere la sua autonomia fino al 268 a.C. allorché, fu inglobato nel nascente Stato romano. Dal punto di vista dell’origine storico-filologica effettuata attraverso documenti che risalgono al 998 poi nel Registro di Farfa relativi alle varianti del toponimo, Cossignano veniva denominato, originariamente, Castellum Martis. In età romana il territorio era attraversato dalla strada Asculum-Firmum, il che rende più convincente l’ipotesi che il nome Cossignano derivi dal gentilizio degli antichi possessori di un “praedium cossinianum”, frazione dell’ager romanus proprietà di esponenti di una potente famiglia dell’aristocrazia terriera romana (Cossinii di Tivoli). Nell’età cristiana e medievale la storia di Cossignano si legò a quella dello Stato Pontificio, poiché il paese entrò stabilmente in questo stato e fu sempre guelfo. Nel 1396, Andrea Tomacelli il governatore della Marca decise di risiedere per un breve periodo a Cossignano che divenne il capoluogo della regione da lui governata. Nel 1581 è redatto lo statuto del Comune di Cossignano. All’indomani della nascita del Regno d’Italia gli intellettuali Cossignanesi difesero e mantennero l’autonomia del Comune, messa in discussione per via delle esigue dimensioni di Cossignano. Il centro storico è delimitato dalla cinta muraria, i “Grottoni” così chiamati per la loro caratteristica forma, che racchiude alcuni edifici di particolare interesse: La Chiesa di Santa Maria Assunta, in stile neoclassico sorta nel 1792 sul sito dell’antica chiesa farfense di S. Maria, decorata pittoricamente nel 1937 da Dante De Carolis, fratello del ben più celebre Adolfo. Il Palazzo Comunale con la Torre civica del XV sec, include l’archivio storico Comunale, una tela raffigurante San Giorgio sceso dal cavallo e, in una teca, la camicia rossa del garibaldino Placido Malavolta. Del suo impianto fortificato è rimasta la Porta di Levante, o porta di San Giorgio”, da un’immagine del santo patrono del paese (ora svanita), dipinta in un apposito riquadro sulla fronte: è il resto più cospicuo e meglio conservato dell’antica cinta muraria del castello. La Chiesa dell’Annunziata, la cui parte più antica risale al 1265, la quale conserva all’interno numerose opere di valore tra i quali una pala d’altare, dipinta a olio su tavola, raffigurante S. Antonio Abate in trono, S. Antonio da Padova e S. Giobbe opera di Vincenzo Pagani. Nel dicembre del 2012 alla chiesa è stato conferito il bollino di “Meraviglia Italiana” dal Forum Nazionale dei Giovani. Si segnalano infine, fuori dalle mura castellane la Casa di terra , Fonte del piano un serbatoio di accumulo d’acqua utilizzato in passato per l’abbeveraggio del bestiame e Villa Trocchi un’elegante residenza con parco, giardino, casa del guardiano, scuderia, granai e cantine edificata agli inizi del sec. XX.