04
febbraio
1
Massimo è un uomo dalle idee genuine. Sic et simpliciter è il motto dell’azienda biologica di famiglia e il suo modus vivendi. Il suo angolo di terra vergine mantiene inalterate le tradizioni di una civiltà industriosa e accogliente, che attraverso le generazioni non ha perso l’attenzione per la tutela dell’ambiente e per i rapporti umani. La sua storia ci porterà fino in Tanzania.
Chi è Massimo Giannetti?
Sono un agricoltore, cuoco per passione e tradizione. Sono uno dei titolari dell’agriturismo Iervasciò a Ripatransone, che gestisco insieme a mio fratello e che prende vita anche e soprattutto per i miei due figli di sei e quattro anni, Davide e Serena, e grazie a mia moglie Elena. Insieme, preserviamo le tradizioni dei nostri avi.
Ci descriveresti le peculiarità della tua azienda e della tua cucina?
Io mi occupo della preparazione dei piatti e dell’approvvigionamento di materie prime. Ciò che manca lo reperisco dagli agricoltori vicini. Garantiamo personalmente sulla qualità dei prodotti, con un’autocertificazione che assicura un controllo ulteriore rispetto a quello normativo. Abbiamo un piccolo allevamento di pecore da carne (circa 40 capi), e vari animali da cortile. Da un paio di anni produciamo due tipi di farina: una di mais rosso, indicata per la preparazione di polenta e pane, l’atra specifica per dolci e, se miscelata, anche per il pane. Abbiamo ritrovato un antico seme di fagiolo nostrano che stiamo facendo analizzare; è poco farinoso, con la buccia sottile, e si presta a qualsiasi tipo di cucina. Presto lo inseriremo nelle ricette. Tutto viene cotto nel forno a legna: pane, pan di spagna, crostate, polli, porchetta, agnello, piccioni, verdure. La pasta è sempre fresca, tagliata al momento, a partire dai taccu’, fino a gnocchi, vincisgrassi di verdura e di carne. A seconda delle stagioni, proponiamo anche le lumache. Tranne le rane, cuciniamo tutto! Le mie ricette sono principalmente una rivisitazione della tradizione familiare. Altresì, mi sono ispirato ad Antonio Nebbia, uno dei cuochi precursori della Marca. La sua esperienza e la mia passione assicurano un risultato vincente. Ai bambini la cosa più bella che possiamo offrire è quella di correre liberi dietro agli animali, giocare e sporcarsi senza vincolo alcuno.
Sappiamo che state collaborando al progetto ‘ethnofood, il mondo nel piatto’; potresti parlarcene?
A partire dal 2011 abbiamo organizzato diverse cene. Parte del ricavato è stato devoluto all’associazione missionaria Aloe, da anni impegnata in progetti di solidarietà internazionale. Abbiamo proposto quattro cene, due con una cuoca originaria del Togo e due cene indiane. Le loro ricette sposate alle nostre materie prime. Io e un signore di Fermo abbiamo consegnato personalmente i soldi a padre Remo, in Tanzania, e abbiamo assistito all’avvio dei lavori di ampliamento dell’invaso per la raccolta dell’acqua piovana.
Perchè “Iervasciò”?
Prima ancora dei numeri civici, per localizzarsi, i miei nonni, tutti nati qui, erano soliti appellarsi ai soprannomi. Jervasciò è il soprannome della nostra casata. Nella forma dialettale, ‘Ierva’ sta per ‘erba’, ‘sciò’ per ‘via’. Probabilmente gli abitanti del paese lo adottarono per riconoscere chi veniva dalla campagna. Il logo dell’agriturismo presenta un volto in ombra, che è proprio quello di nostro nonno, e che abbiamo anche animato in un fumetto.
Come è nata l’idea del fumetto?
“LE STORIE DI ‘TTI” nascono da una mia idea, che altro non è che la trasposizione, ai giorni nostri, della filosofia dei miei nonni. Per la realizzazione del giornalino mi sono avvalso della collaborazione di un fumettista. Sono storie di protesta, satiriche, adatte a un pubblico dagli otto ai quattordici anni, ma ne consiglierei la lettura anche agli adulti, che la tutela dell’ambiente e di chi la abita non ha età. Il primo volume, già stampato, narra della guerra contro i pannelli solari. Il nostro ‘TTI, indignato per la violenza perpetuata ai danni dei terreni agricoli, si mette il vestito buono della domenica e parte alla volta di Roma e del Lussemburgo, con un furgoncino carico di pane, olio e vino. Non senza impedimenti, farà riflettere i potenti e tornerà a casa vittorioso. Il secondo volume, ultimato ma da stampare, affronta il problema dei bruciatori ad olio vegetale, che alimentano un mercato di olio di palma, esportato dal sud America, e che ha consentito alle multinazionali d’investire in diversi paesi dell’est Europa, non senza attivare una serie di guerre e violenze a carico degli abitanti del luogo.
Perché un turista dovrebbe venire a Ripatransone?
Prima di tutto per noi. Inoltre, semplicemente spostandosi di qualche kilometro, l’ambiente offre diversi microclimi, ma non solo: cucine, vini, tradizioni diverse; è particolare per questo. La nostra azienda è a sette kilometri dalle strutture balneari di Cupra Marittima e a 40 minuti dai Monti Sibillini. Le vie di comunicazione sono più che funzionali.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Riuscire a vivere di rendita. Esagero, ovviamente. Vorrei creare qualcosa che venisse tramandato, che indichi, con semplici precetti, la strada maestra da seguire. Ritengo ci debba essere qualcuno che ci insegni come vivere. Sono stanco di farmi in quattro senza stringere nulla.
valed83@libero.it
luca.marcelli1980@gmail.com
Lascia un commento
Articoli simili
Tanta roba. Ti stimo.